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172 Storia della Letteratura Italiana.


sempre goduto. Così avesse questi alla religione e al costume provveduto più saggiamente, e i più pericolosi e seducenti passi di questo poema non avesse posto in maggior luce che non conveniva, o gli avesse almeno con opportune annotazioni impugnati. Forse un egregio antidoto avrebbevi ei contrapposto, se avesse potuto condurre a fine un suo filosofico poema a cui erasi accinto, ma che forse dalla morte gli fu vietato finire. Il solo principio ne abbiamo nel Giornale d'Italia (t. 21. p. 258) (55) . VII. Pochi anni prima di Lucrezio, cioè l'anno di Roma 696, se creder vogliamo alla Cronaca eusebiana, era morto C. Valerio Catullo in età di soli 30 anni. Ma quest'epoca non par sicura. Lascio da parte l'opinion singolare di Giuseppe Scaligero il qual vuole (Animadv. in Euseb.) che Catullo morisse solo dopo l'anno 737, opinione che lungamente è stata confutata dai Bayle (Diction. art., "Catullus"). Certamente però fino all'an. 706 dovette ei vivere, poichè accenna il consolato di Vatinio, che cadde appunto in quell'anno, così dicendo: Per consulatum pejerat Vatinius (Carm. 52). Che in Verona precisamente e non in Sirmione egli nascesse, lo ha provato il m. Maffei (Verona illustr. P. 2. lib. 1), presso del quale ancora più cose si posson vedere intorno alla famiglia e alla condizion di Catullo (56) . Pare che il più de' suoi giorni ei passasse in Roma, e che in una sua causa difeso fosse da Cicerone, a cui perciò egli scrisse un suo epigramma, nel quale col lodare espressamente Cicerone (Carm. 49) come ottimo patrocinatore sembra accennare ch'ei ne provasse l'effetto. Da' suoi versi medesimi si raccoglie ch'egli col pretore Memmio fu in Bitinia. Sembra però ch'egli punto non aspirasse ai pubblici onori; e gli stessi suoi versi troppo chiaramente ci mostrano che i più molli piaceri e gli amori più disonesti, de' quali bruttamente macchiò, erano il solo oggetto de' suoi pensieri.



(4) Carm. LII. (O Verona illuftr. P* IL ab. L Ce) Carm. XUX» 56 Ha voluto, sembra, scherzare il sig. co. Giovio quando tra' i suoi Illustri Comaschi ha annoverato Catullo, accennando che non mancherebbero argomenti a provarlo (p. 336). Egli ha una buona dose di un lodevole amor patriottico. Ma io non cederò mai ch'ei se ne lasci sedurre a tal segno.