Pagina:Storia della letteratura italiana - Tomo I.djvu/425

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delle conquistate Città, mostra, che essi ben ne conoscevano il pregio. Così abbiam veduto che fecero nella presa di Bolsena; così fecero pure nella presa di Siracusa e di tutte le altre Città della Grecia e della Sicilia, da cui essi trasportarono a Roma, quanto vi ritrovaron di più pregevole11 .

III. Meno indegna della loro grandezza stimarono i Romani, almeno per qualche tempo, l’arte della pittura. Udiamo ciò, che intorno ad essa ne narra Plinio, l’unico tragli antichi Autori, che 225 abbia stesamente trattato di tale argomento. Presso i Romani ancora, egli dice12 , quest’arte (della Pittura) salì presto ad onore; perciocché i Fabj, famiglia d’illustre lignaggio, da essa il soprannome ebbero di Pittori; e il primo, che lo avesse, dipinse egli stesso il tempio della Salute l’anno di Roma 450, la qual pittura fino alla nostra età si mantenne, in cui quel Tempio sotto l’Impero di Claudio fu consumato dal fuoco. Una pittura inoltre del Poeta Pacuvio fu celebre nel Tempio di Ercole al Foro Boario. Credettesi dunque allora, che la pittura ad uom Romano e nobile, qual era Fabio, non disdicesse; ma si cambiò presto parere. D’allora in poi, continua Plinio, da uomini di onesta condizione ella non fu più esercitata, se pur non vogliasi eccettuarne Turpilio Cavalier Romano nativo della Venezia, e vissuto a’ nostri giorni, di cui alcune belle opere veggonsi anche al presente in Verona. Soleva egli usare la man sinistra a dipingere, il che di niun altro si legge. nomina però ancora Plinio un certo Quinto Pedio uomo di chiarissima stirpe, e stretto di parentela con Messala e con Augusto, a cui, poiché era muto, per voler di Messala e col consentimento d’Augusto fu insegnata l’arte della Pittura; e grandi progressi ei vi faceva; ma un’immatura morte in età ancor tenera troncò le speranze, che se n’erano concepute. Per ultimo nomina Plinio nel medesimo libr