Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/213

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bili che fanno da ponticelli, e giù valloni paladosi, dove le acque finora impetuose e correnti stagnano e si putrefanno, valloni angusti, bolgie, valigie, borse, che stringendosi più e più vanno in un pozzo: natura piccola, in rovina e in putrefazione. Al demonio mitologico iroso e appassionato succede il diavolo cornuto, essere grottesco, o piuttosto i diavoli che vanno in frotte, e si mescolano in ignobili parlari con la gente più abbietta, e canzonano e sono canzonati, maliziosi, bugiardi, plebei, osceni. Al vivo movimento delle bufere e delle grandini e delle fiamme succede la materia in decomposizione, quanti strazi di carne umana ti offrono i campi di battaglia, e quante malattie ti offre lo spedale. Tali la natura, il demonio, le pene. Vedi ora l’uomo. La faccia umana è rimasta finora inviolata; innanzi all’immaginazione la passione invermiglia la faccia di Francesca, e la grandezza dell’anima pare nella faccia dell’uomo che si leva diritto dalla cintola in su. Qui la faccia umana sparisce: hai caricature e sconciature di corpi. Uomini cacciati in una buca, capo in giù, piedi in su; volti travolti in su le spalle, sì che il pianto scende giù per le reni; visi, occhi e corpi imbacuccati e incappucciati; musi umani fuor della pegola a modo di ranocchi; corpi altri smozzicati, accismati, altri marciti e imputriditi, scabbiosi, tisici, idropici. Di questa figura umana deturpata e contraffatta l’immagine più viva è Bertram dal Bormio, il cui busto si fa lanterna del suo capo che porta pesol per le chiome. In questo mondo prosaico e plebeo, che comincia con Taide e finisce con mastro Adamo, la materia ovvero la parte bestiale prevale tanto, che spesso siamo in sul domandarci. Costoro sono uomini o bestie? Non sono ancora bestie, e l’uomo già muore in loro:

Che non è nero ancor e il bianco muore.

Sono figure miste in una faccia tra bestiale e umana; e