Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/291

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l’anima il giorno della vita e della libertà. Non che profondarsi nel reale, e cercare di assimilarselo, l’anima tende a separarsene, e vivere in ispirito o in immaginazione, fabbricandosi un simulacro di quel di là a cui spera di giungere: indi la tendenza all’ascetismo, alla solitudine, all’estasi e al misticismo. Questa era la malinconia di Caterina quando dicea: muojo, e non posso morire.

La stessa tendenza e la stessa malinconia è nel Petrarca. Anch’egli cerca fabbricarsi ombre e simulacri di Laura, anch’egli cerca l’obblio e il riposo ne’ sogni dell’immaginazione. Quando la santa e il poeta s’incontrarono in Avignone, dovettero sentirsi sotto un aspetto parenti di spirito. Il poeta aveva la stessa inclinazione alla solitudine, alla contemplazione, al raccoglimento, all’estasi, alla malinconia. E se guardiamo all’apparenza, c’era in tutti e due le stesse credenze e le stesse aspirazioni. Quel muojo e non posso morire corrisponde bene a questo grido del poeta:

Aprasi la prigione ov’io son chiuso,
E che ’l cammino a tal vista mi serra.

Ma qui fiutate la rettorica, e là avete l’espressione nuda ed energica di un sentimento che investe tutta l’anima e consuma la santa a trentatrè anni. Questa concentrazione ed unità delle forze intorno ad un punto solo, in che è la serietà della vita, mancò al Petrarca. Il suo mondo è pur quello di Caterina e di Dante, mondato della sua scorza scolastica e simbolica, ridotto in forma più chiara e artistica, ma pur quello. Se non che questo mondo mistico non lo possiede tutto, e sovrano e indiscusso nella mente non tira a sè tutte le forze della vita. È in lui visibile una dispersione e distrazione di forze, come di uomo tirato in qua e di là da contrarie correnti, che vorrebbe pigliar la sua via e non se ne sente