Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/325

Da Wikisource.

― 315 ―

amiche e sono ammirate dalla gente, vedi una scena tutta napolitana, e ti corre innanzi Baia, sede di secrete delizie che destano le furie gelose del poeta1. Ma questa bella scena alla fine si guasta, col solito Spirito e col solito Amore vago di commendare, e riesce in una freddura. Chi vuol vedere un sonetto affatto moderno, dove l’autore si è sciolto da ogni involucro artificiale, e ti coglie in atto la vita di Baia con le sue soavità e le licenze, senta questo:

Intorno ad una fonte in un pratello
Di verdi erbette pieno e di bei fiori,
Sedeano tre angiolette, i loro amori
Forse narrando; ed a ciascuna il bello
Viso adombrava un verde ramoscello
Che i capei d’or cingea, al qual di fuori
E dentro insieme, due vaghi colori
Avvolgeva un soave venticello.
E dopo alquanto l’una alle due disse,
Com’io udii: Deh! se per avventura
Di ciascuna l’amante or qui venisse,
Fuggiremo noi quinci per paura?
A cui le due risposer: chi fuggisse,
Poco savia sarìa con tal ventura.

Qui senti il Boccaccio in quella sua mescolanza di sensuale e malizioso. Gli scherzi del venticello sono abbozzati con l’anima di un Satiro che divora con gli occhi la preda, e la chiusa cinica così inaspettata ti toglie a ogni idealità e ti gitta nel comico. Qui il Boccaccio trova sè stesso. Fu chiamato Giovanni della tranquillità per quella sua spensierata giovialità, che lo tenea lontano da ogni esagerazione delle passioni, e tiravalo nel godimento e nel gusto della vita reale. E quantunque si doglia dell’epiteto come d’una ingiuria e lo rifiuti sdegno-

  1. Perir possa il tuo nome, Baia, il loco(Sonetto IV)