Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/34

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S’ella mi terrà più sola serrata,
Ch’io dirò: fa con Dio, vecchia arrabbiata.
E gitterò la rocca, il fuso e l’ago,
  Amor, fuggendo a te, di cui m’appago.

Questa bella forma, in tanto spirito e vivacità così castigata, propria e semplice e piena di grazia, si andò sviluppando non perchè il suo contenuto voleva così, ma in opposizione ad esso contenuto, vuoto ed astratto. Anzi che qualità del contenuto, o di questo e quel poeta, sembra il progresso naturale dello spirito toscano, dotato di un certo senso artistico, che lo tirava alla forma, nella piena indifferenza del contenuto. Perciò queste qualità spiccano più, dove il poeta non è impedito da un contenuto convenzionale, ma si abbandona a rappresentare i fatti e i moti dell’animo, come gli si affacciano in situazioni ben determinate, e come sono nella lealtà della vita. Allora contenuto e forma sono una cosa stessa ed hai ciò che di più perfetto ha prodotto a quel tempo lo spirito toscano: come è in parecchie poesie già citate. Potremmo desiderare che la lingua e la poesia italiana si fosse ita formando per un movimento ingenito, naturale e popolare, com’è stato presso altri popoli. Ma sono desiderii sterili. Il fatto è che mentre la lingua si formava, il contenuto era già formato e meccanizzato e convenzionale: la lingua si moveva, il contenuto rimaneva stazionario, lo stesso ne’ più puliti scrittori, tutti del pari dimenticati, perchè quello solo sopravvive, che ha una forma prodotta da un contenuto attivo e reale, vivente della vita comune.

Tale non è il contenuto in tanta moltitudine di rimatori a quei tempi. In Toscana, come in Sicilia, ci era già tutto un mondo poetico, non formato a poco a poco insieme col volgare, ma già fissato con lineamenti precisi e costanti. C’era già una poetica, e c’era anche un vocabolario comune. Concetti e parole sono in tutt’i tro-