Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/186

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impotenti del Tasso a raggiungere una serietà alla quale pur mirava. Volere o non volere, rimane ariostesco, e di gran lunga inferiore a quell’esempio. Gli manca la naturalezza, la semplicità, la vena, la facilità e il brio dell’Ariosto, tutte le grandi qualità della forza. Quella vita romanzesca, così ricca di situazioni e di gradazioni, così piena di movimenti e di armonie, con una obbiettività e una chiarezza che sforza il tuo buon senso e ti tira seco come sotto l’influsso di una malia se ne è ita per sempre.

Su quel fondo romanzesco il Tasso edifica un nuovo mondo poetico, e qui è la sua creazione, qui sviluppa le sue grandi qualità. È un mondo lirico, subiettivo e musicale, riflesso della sua anima petrarchesca, e, per dirlo in una parola, è un mondo sentimentale.

È un sentimento idillico ed elegiaco che trova nella natura e nell’uomo le note più soavi e più delicate. Già questo sentimento si era sviluppato al primo apparire del risorgimento nel Poliziano e nel Pontano, deviato e sperduto fra tanto incalzare di novelle, di commedie e di romanzi. L’idillio era il riposo di una società stanca, la quale, mancata ogni serietà di vita pubblica e privata, si rifuggiva ne’ campi, come l’uomo stanco cercava pace nei conventi. Sopravvennero le agitazioni e i disordini dell’invasione straniera; e quando fine della lotta fu un’Italia papale e spagnuola, perduta ogni libertà di pensiero e di azione, e mancato ogni alto scopo della vita, l’idillio ricomparve con più forza, e divenne l’espressione più accentuata della decadenza italiana. Solo esso è forma vivente fra tante forme puramente letterarie.

L’idillio italiano non è imitazione, ma è creazione originale dello spirito. Già si annunzia nel Petrarca quale si afferma nel Tasso, un dolce fantasticare tra’ mille suoni della natura. L’anima ritirata in sè è malinconica e di-