Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/19

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e diventino i loro tutori e salvatori, come Fozio e Temolo, che scoprono e sventano le malizie del negromante. Costui, che è il protagonista, non è proprio un astrologo, com’è nel Lasca, e come il prete è prete nel Boccaccio; ma è un birbone matricolato, che fa l’astrologo senza crederci punto. Nel Lasca la materia comica è cavata dall’astrologia messa in burla; qui l’astrologia ci sta per comparsa, nè da essa escono i mezzi d’azione. Se mastro Jachelino, che è il negromante, fosse un vero astrologo, che mentre vuol farla a’ padroni è burlato da’ servitori, il concetto sarebbe così spiritoso, com’è nell’astrologo del Lando, di cui si mostra più sapiente un contadino, anzi l’asina del contadino. Ma qui l’astrologo è un ignorantaccio, che come dice il Nibbio suo servo e confidente, mal sapendo leggere e male scrivere, fa professione di filosofo, di medico, di alchimista, di astrologo, di mago,

E sa di queste e dell’altre scienzie
Che sa l’asino e il bue di sonar gli organi.

Sicchè il tutto si riduce a una gara di malizia tra maestro Iachelino e Nibbio da una parte, e Fozio e Temolo, che sono i servi, dall’altra. Non mancano bei tratti, che rivelano nell’autore un ingegno e uno spirito comico non comune. Cinzio racconta al servo le maraviglie del negromante, e il servo si beffa del negromante e del padrone, ed è in ultimo colui che l’accocca a tutti. Cinzio l’assicura gravemente che sa trasformare uomini e donne in animali. Risponde Temolo:

 Si vede far tutto il dì, nè miracolo
È cotesto .    .    .    
Non vedete voi, che subito
Un divien potestade, commissario,