Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/457

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l’altra storica. Gli uni procedevano per via di categorie e di costruzioni; gli altri per via di osservazioni e d’induzioni. E spesso s’incontravano. La scuola ontologica teneva molto conto de’ fatti, e proclamava che il vero ideale è storia, e l’idea realizzata. Non rimaneva perciò al di sopra della storia nel regno de’ principii assoluti e immobili; anzi la sua metafisica non è altro che un progressivo divenire, la storia. Parimente la scuola storica era tutt’altro che empirica, ed usciva dalla cerchia de’ fatti, ed aveva anch’essa i suoi preconcetti e le sue conietture. La più audace speculazione si maritava con la più paziente investigazione. Le due forze unite, ora parallele, ora in urto, ora di conserva, posero in moto tutte le facoltà dello spirito, e produssero miracoli nelle teorie e nelle applicazioni. Al secolo dei lumi succedette il secolo del progresso. Il genio di Vico fu il genio del secolo. E accanto a lui ricorsero con fama europea Bruno e Campanella. Il secolo riverì nei tre grandi italiani i suoi padri, il suo presentimento. E la Scienza nuova fu la sua bibbia, la sua leva intellettuale e morale. Ivi trovavano condensate tutte le forze del secolo, la speculazione, l’immaginazione, l’erudizione. Di là partiva quell’alta imparzialità di filosofo e di storico, quella giustizia distributiva ne’ giudizii, che fu la virtù del secolo. Passato e presente si riconciliarono, pigliando ciascuno il suo posto nel corso fatale della storia. E contro al fato non val collera, non giova dar di cozzo. Il dommatismo con la sua infallibilità e lo scetticismo con la sua ironia cessero il posto alla Critica, quella vista superiore dello spirito consapevole, che riconosce sè stesso nel mondo, e non si adira contro sè stesso.

La letteratura non potea sottrarsi a questo movimento. Filosofia e storia diventano l’antecedente della critica letteraria. L’opera d’arte non è considerata più come il prodotto arbitrario e subiettivo dell’ingegno