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Per lei buono era vivo Mandricardo;
Ma che ne volea far dopo la morte?

Un riso scettico aleggia sulle virtù cavalleresche e sui grandi colpi de’ cavalieri, quei gran colpi ch’essi soli sanno fare. Una frase, un motto scopre l’ironia sotto le più serie apparenze. È un riso talora a fior di labbra, appena percettibile nella serietà della fisonomia.

Questo risolino che quasi involontariamente erra tra le labbra e non si propaga sulla faccia e non degenera che assai di rado in aperta e sonora risata, questa magnifica esposizione artistica che ti dà tutta l’apparenza e l’illusione della realtà nelle cose più strane e assurde, tutto questo fuso insieme senz’aria d’intenzione e di malizia e con perfetta bonarietà, ti mostra la concezione come un corpo in movimento e cangiante, che non puoi fissare e definire, più simile a fantasma che a corpo. Non sai se è cosa seria o da burla; pur ti piace, perchè mentre la tua immaginazione è soddisfatta, il tuo buon senso non è offeso, e contempli le vaghe fantasie egregiamente dipinte di secoli infantili col risolino intelligente di un secolo adulto.

Questo mondo, dove non è alcuna serietà di vita interiore, non religione, non patria, non famiglia, e non sentimento della natura, e non onore e non amore, questo mondo della pura arte, scherzo di una immaginazione che ride della sua opera e si trastulla a proprie spese, è in fondo una concezione umoristica profondata e seppellita sotto la serietà di un’alta ispirazione artistica. Il poeta considera il mondo non come un esercizio serio della vita nello scopo e ne’ mezzi, ma come una docile materia abbandonata alle combinazioni e a’ trastulli della sua immaginazione. Ci è in lui la coscienza che il suo lavoro è così serio artisticamente, come è serio il lavoro di Omero, di Virgilio o di Dante, e ci è