Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. II).djvu/276

Da Wikisource.
270 storia

In tali emergenze il conte Mamiani venne chiamato dal pontefice per comporre il nuovo ministero. Ebbe luogo l’abboccamento, ma nulla si penetrò sui risultati. Gl’inviati napolitani imprecavano al loro governo che avesseli mandati in Roma, ove in vece di un Giulio II avevan trovato un papa mansueto e pacifico, e di ciò far fede i sentimenti nell’allocuzione espressi.

Allora come se poche fossero state le illegalità commesse , ne venne proposta un’altra, e fu quella di far compilare dalla civica un indirizzo al conte Mamiani in senso di adesione al suo famoso programma.

Ciò venne consentito all’istante. Ma siccome era impossibile in tanta strettezza di tempo consultar legalmente un corpo sì numeroso, si andò per le brevi, e si scelsero alcuni deputati che rappresentasserlo. L’indirizzo fu approvato: e così non solo si commise la massima delle illegalità, perchè si convertì la guardia civica in un corpo deliberante, ma si fecer votare taluni deputati che a caso si rinvennero, per fare dir loro il proprio sentimento in nome di tutti, ingannando così e compromettendo un corpo di nove o diecimila cittadini. Tali enormità non solo passavano inosservate, ma se qualche voce udivasi, era per encomiarle. Tanto erano i Romani per la massima parte ignari ed inesperti di cose politiche, che il costituire un corpo armato in potere politico deliberante, a foggia degli antichi pretoriani, parve un nonnulla, mentre avrebbe dovuto apertamente respingersi e riprovarsi.

Questo indirizzo però venne sottoscritto il 3 maggio, e pubblicato il 4. Noi sotto il giorno 4 di maggio lo riporteremo.

Siam sempre al 3, e in detto giorno non fu stampato il solito foglio della Gazzetta di Roma. In vece, nelle ore pomeridiane, fu pubblicato un foglietto sotto il titolo di Supplemento officiale alla Gazzetta di Roma'', e diceva così: