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tire l’asserto del Farini. Il tempo che scopre la verità, forse la farà conoscere un giorno anche in questo caso.

Riassumendo le considerazioni che facemmo in fine del precedente capitolo sulla poca simpatia ch’esisteva fra il Santo Padre ed il conte Marchetti ministro degli affari esterni secolari, aggiungeremo ora che ciò che nel maggio dicevasi a bassa voce, venne fatto di pubblica ragione nel giugno e precisamente il giorno 9, quando il Labaro (giornale scritto da chierici ma chierici progressisti, e le cui idee eransi informate e riscaldate sul Primato morale e civile del Gioberti) ci venne manifestando la cosa con maggior fondamento. Ed è certo che i suoi scrittori non avrebbero arrischiato di accampare questa questione delicatissima in quei momenti, se non ne avessero ricevuto l’ispirazione, o come dicesi, l’imbeccata dal Quirinale stesso. In questo caso il Quirinale e non il Labaro avrebbe parlato. Sentiamo dunque che cosa diceva l’articolo:

«Una nuova crisi ministeriale sembra ormai manifestamente prepararsi, crisi provocata più che altro da vari atti ideati, dicesi, o compiti dal ministero alquanto fuori della linea d’idee che ad esso era stata accennata da seguire. Noi nè persona al mondo potrà di leggieri sciogliere questa questione, ma dal tutto insieme potrebbe sembrare che il giusto desiderio, che i secolari ancora partecipassero al pubblico reggimento, e al ministero, anzi vi fossero in tale maggioranza da togliere ogni dubbio ai sospettosi d’un qualunque ritorno all’antico sistema, non sia ormai ultimo scopo: ma che uria proscrizione ed una esclusività contraria si voglia proclamare contro il clero a nome di quella stessa libertà ed eguaglianza che servì a distruggere l’antica esclusione de’ secolari. Questo è veramente un effetto, che preveder si potea dell’ordinaria legge di reazione, la quale quando un sistema fu troppo lungamente spinto all’eccesso da un lato, suole poi spingerlo egualmente con eccesso all’opposto: ma se da questo impeto di reazione si suol lasciar con-