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varlo dell’opera loro. Ma fosser le loro esitazioni, fosse qualche freddezza sopraggiunta nel papa, fosse in fine l’antipatia per Rossi del demagogo Sterbini (che in piazza e nei circoli era tuttavia potente) o le mene occulte del partito repubblicano che attraversassero cosiffatto progetto, i negoziati venner rotti, ed il Rossi sottraendosi dai calori estivi e dalla temperie vulcanica degli spiriti si ridusse in Frascati a respirare Varia più fresca dei colli Tusculani lasciando negl’imbarazzi il pontefice.

L’Epoca, giornale devoto al Mamiani, con sarcastico fiele e con traboccante esultanza ne comunicò l’annunzio al pubblico.1

Pochi giorni dopo, e precisamente il 29, annunziava il Mamiani nel Consiglio dei deputati che: «la crisi ministeriale per al presente è cessata. Soggiungeva poi: «Quindi prima cura del Ministero sarà di compire e pubblicare la lega, e stringere col re Carlo Alberto un tal patto, che mentre egli tuteli quanto può meglio con le sue truppe le nostre frontiere, noi dal lato nostro cooperiamo all’impresa sua con quanti sussidi d’uomini e d’armi ci riuscirà di mandargli.»

Fece precedere il Mamiani questo annunzio da una dichiarazione, che il ministero aveva iteratamente supplicato il principe ad accettare la sua rinuncia; che da quaranta e uno giorni i portafogli eran rimasti. sempre sènza nuovi occupatoti; e che ciò era avvenuto dall’avere ognuno scorto essere i seggi ministeriali veri letti di Procuste, e su que’ portafogli non istare corone di rose ma di pungentissime spine.2

Noi troviamo giusto ciò che disse il Mamiani e crediamo che salvo l’ambizione appagata, e la persuasione di servire abilmente ad un partito politico, non fosse cosa molto piacevole di perseverare al potere, in disaccordo col

  1. Vedi l’Epoca del 24 luglio 1848.
  2. Vedi il Supplemento al n. 146 della Gazzetta di Roma.