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fatti da tutte le parti d’Italia gridavasi: che per la saivezza della penisola, alla guerra regia sostituir dovevasi la guerra dei popoli.

Forviati da queste idee esagerate, non ebber difficoltà gli estensori dell’Epoca di pubblicare fin dal 14 agosto un articolo nel quale, con arcadica o fanciullesca semplicità, sostenevasi poter gli stati romani mettere sul piede di guerra

600 mila uomini,
800 mila il Piemonte,
300 mila la Toscana, ossia

1,700 mila. — Un milione e settecento mila combattenti, quanti non ebbe maj lo stesso imperator Napoleone.

E nella suddetta cifra non era compreso il regno di Napoli, che sulla stessa proporzione avrebbe potuto dare un milione per lo meno di soldati; cosicchè i calcoli degli scrittori dell’Epoca sono da annoverare fra i sogni di una mente malata, senz’altro aggiungere.1

Nello stesso tempo in Genova quello stemperato di frate Gavazzi metteva su un indirizzo in nome degl’italiani , col quale scongiuravasi Pio IX a scacciare anche con la guerra i Tedeschi; e questo indirizzo circolava pubblicamente in Roma il 19 di agosto,2 e lo stesso giorno vendevasi pure per le vie di Roma altro indirizzo dei Lombardi repubblicani diretto agl’italiani per eccitarli a non fidarsi dei re spergiuri, cacciarli, e fondarsi sulle repubbliche.3

Il general Pepe era in Venezia, ed a sua difesa vi riuniva il maggior numero di soldatesche. Esso però difettava di mezzi, e s’indirizzava ai generosi della penisola. Colà era il nucleo, e colà venivasi riconcentrando il nerbo del repubblicanismo italiano.4


  1. Vedi l’Epoca del 11 agosto 1848.
  2. Vedi il vol. VI. Documenti, n. 145.
  3. Vedi il vol. VI. Documenti, n. 166.
  4. Vedi il vol. VI. Documenti, n. 160.