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alte parti contraenti entro lo spazio di un mese e più presto se sarà possibile.»

Il tenore di questo schema o progetto di confederazione dice chiaro che non fu compilato per capriccio dell’abate Rosmini, sibbene per comando ricevutone. Laonde che il Rosmini avesse ricevuto un mandato ad hoc, ed istruzione speciale per combinare siffatta lega o confederazione, lo desumiamo dal proemio del Massari, ch’era l’intimo amico del Gioberti, alle Operette politiche del medesimo pubblicate in Capolago e Torino nel 1851.1 Ecco come si esprime il Massari:

«Nel proporre (il Gioberti ch’era ministro in Torino nel 1848) a’ suoi colleghi d’inviare a Roma un negoziatore straordinario per intavolare le opportune trattative intorno alla lega ed alla dieta italica, suggerì di prescegliere a tal uopo Antonio Rosmini: la duplice proposta venne sanzionata dalle deliberazioni del Consiglio; ed il Rosmini, che accorse in Torino colla stessa premura colla quale vi fu chiamato, accettò senza difficoltà l’onorevole mandato, ed ebbe le sue istruzioni diplomatiche dal Gioberti medesimo.»

Che il Rosmini si ponesse all’opera lo dice il Leopardi, lo dice il Farini, e lo dice il Rosmini stesso nella lettera che il Farini riporta,2 raccontandosi in essa ch’erasi posto in comunicazione a tal effetto col marchese Pareto per la Sardegna, col marchese Bargagli per la Toscana, e con monsignor Corboli Bussi per lo stato pontificio.

Su di ciò dunque non cade dubbio veruno: che il pontefice poi facesse buon viso al Rosmini in sui primi momenti della sua venuta in Roma, sembra incontestabile. Pare anzi che il cappello cardinalizio gli fosse per lo meno fatto sperare, poichè è certo che il Rosmini vi si era preparato, ed aveva già fatto le spese. Quanto poi fosse accetto ai

  1. Vedi Gioberti Operette politiche, vol. I, pag. 132.
  2. Vedi Farini lo Stato romano, vol. II, pag. 340.