Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. II).djvu/544

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cioni, Pietro Beltrami, i generali Durando e Ferrari, il Ciccarelli, l’abate Corà, il sacerdote Carenzi, il Cuzzocrea, il calabrese Miraglia, il dottor Carlo Luigi Farini, Pier Angelo Fiorentino, l’avvocato Gabussi, il La Cecilia, il La Farina, il colonnello La Masa, e Livio Mariani, e Gustavo Modena, e Didaco Pellegrini, e Ferdinando Petruccelli ed altri molti, senza parlare del Mazzini, del Garibaldi, dell’Avezzana, di Aurelio Saffi, di Lizabe Buffoni, del Daverio, del Pisacane, di Nino Bixio, Goffredo Mameli, del Laviron, del Podulak, del Milbitz, del colonnello Hangg, del Maslowsky, di Atto Vannucci, e dell’immenso stuolo di altri repubblicani, che giunsero da tutte le parti del mondo, si avrà più che non occorre per esser convinti, che Roma fu scelta come la sede del movimento italiano non solo, ma della rivoluzione cosmopolitica che da lunga mano si tramava.

Queste osservazioni, speriamo, non andran perdute; e con queste chiudiamo il secondo volume delle nostre storie. Da questo momento in poi la rivoluzione entrù in uno stadio novello ed avviossi verso la sua meta, la repubblica. E tale nuovo stadio formerà il soggetto del volume seguente.