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della rivoluzione di roma 13

nali alla spicciolata andavansi allontanando da Roma ove non erano rimasti il giorno 24 se non che gli eminentissimi Castracane, Tosti, Mezzofante e Bianchi. 1

Al punto però al quale eran giunte le cose in Roma, il papa non poteva rimanervi senza compromettere se stesso, il sacro collegio dei cardinali, e tutto il complesso della corte clericale. Dopo aver veduto un’agglomerazione di popolo in armi, e la truppa col cannone imporre le leggi sul Quirinale al sovrano, che altro restava? Rifugge Tanimo dal darvi una risposta. Aveva pertanto il Santo Padre rivolto il pensiero ad una fuga, di che a pochissimi aveva disvelato il segreto.

Mentre il papa era disposto a far ciò, una lettera inviatagli il 21 da monsignor vescovo di Valenza insieme con la piccola pisside o vasetto che aveva servito a Pio VI nella sua peregrinazione in Francia, lo fece decidere a partire.

Questa lettera gli servì di conforto e di eccitamento alla immediata partenza. Il caso era identico.

Detta lettera può leggersi nella relazione del viaggio di Pio IX scritta dalla contessa Spaur. 2 Fatti gli apparecchi pel viaggio, il papa, la sera del 24 novembre, alle 5 circa, vestito da semplice prete (mentre il duca d’Harcourt era nel suo appartamento per far credere a tutti che si trattenesse con lui in discorsi di affari), scese per una scala segreta nel cortile ove trovava un cocchio che lo attendeva. Ivi entrò col suo scalco Filippani, intanto che il conte Spaur lo stava aspettando col proprio legno a’ santi Pietro e Marcellino, vicino al Colosseo. Le scolte eran molte a palazzo, molti i sospetti, vigile la polizia. Con tutto ciò, meno che l’aneddoto di una certa chiave che non aprendo alle prime una porta segreta, avrebbe potuto compromettere tutto e tutti, la cosa riesci a meraviglia.


  1. Vedi la Gazzetta di Roma del 27 novembre 1848.
  2. Vedi la Relazione del viaggio di Pio IX. P. M. a Gaeta, della contessa Spaur. Firenze 1851, pag. 14. — Vedi il Sommario, n. 42.