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vendita de’ beni ecclesiastici, poteva benissimo restare occulto, almeno per qualche tempo, imperciocchè niuno in Roma aveva coraggio di diffondere e molto meno di far stampare atti di tale natura.

L’Epoca però e per essa i suoi direttori, nell’acciecamento fatale che offuscava le loro idee, si fecer solleciti di dargli pubblicità non al certo affinchè gli acquirenti si astenessero dai vietati acquisti ove il caso si fosse presentato, masi bene, secondo loro, come monumento della insania della corte pontificia residente in Gaeta, Apriva difatti il detto giornale le sue colonne del n. 285 colle parole seguenti:

«A conferma della protesta che ancora domiua nel partito di Gaeta, riferiamo la seguente circolare del cardinale Antonelli che leggiamo nel foglio ufficiale di Napoli. Un partito che ancora si ostina e chiama fazione un popolo, mentre è ridotto fazione egli solo e fazione meschinissima, può ben scrivere delle circolari quanto vuole esagerate, e noi a monumento d’insania possiamo pubblicargliele.»1

Anche le istruzioni di monsignor Canali che come vice gerente di sua Santità interdiceva ai luoghi pii ed agli altri stabilimenti religiosi di compilare l’inventario de’ loro beni, non venner già pubblicate dall’autorità, ma dalla stampa libertina dileggiandone il portato. Il primo giornale che ne parlò fu la Pallade.2

A proposito della Pallade, ch’era il giornale più popolare di tutti, chi crederebbe che il suo estensore, uomo di principi liberalissimi, si fosse trovato costretto d’inserire nel n. 474 del giorno 19, un articolo contro gli emigrati italiani che in Roma erano affluiti da tutte le parti, e che la volevan recitare da padroni, e spingerla Dio sa dove?


  1. Vedi l'Epoca del 2 marzo 1819.
  2. Vedi la Pallade, n. 483. — Vedi il Costituzionale del 5, pag. 111. — Vedi la Torre, Memorie storiche sull’intervento francese in Roma nel 1819, vol. I, pag 295.