Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. III).djvu/558

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battaglie, che non abbia costato nè una goccia di sangue nè una lacrima ai popoli, èd il solo che possa rammentar la sua origine senza arrossire.

» Così il più grande e il più prezioso degl’interessi religiosi, l’interesse della libertà e della indipendenza della Chiesa, va unito a questo che il suo augusto Capo non sia il suddito di alcun re, ma che abbia un dominio temporale ove comandi sotto tutti i rapporti, ed ove niuno comandi a lui sotto qualsiasi rapporto: cioè che, pontefice e re nel tempo stesso, possieda una sovranità politica

Questa dotta dichiarazione del padre Ventura sopra la questione più vitale della umana società, emessa nel 1859, quando chi la scrisse aveva dieci anni di più di dottrina o di esperienza, vale ben altro che la sua pretesa lettera da Civitavecchia dell’anno 1849 scritta sotto l’influenza della rivoluzione in mezzo alla quale trovavasi.

Mentre il 19 maggio Romani, Romagnoli, Lombardi ed ogni sorta di gente raccogliticcia contro i Napoletani battes l’ansi, come abbiam raccontato in principio di questo capitolo, si discutevano fra il triumvirato, l’assemblea ed il Lesseps le condizioni di una composizione. Riuscite a mal fine le pratiche, si ruppero momentaneamente. Ciò dicemmo per disteso nel capitolo precedente, tutto consecrato al Lesseps, e se ora lo memoriamo, è soltanto per non interrompere il filo dei fatti storici più notevoli, rimandando i lettori desiderosi di meglio conoscerli, là ove ne abbiamo diffusamente trattato.

Ma altro e più grave episodio delle nostre storie ci si presenta, e questo viene a convalidare ciò che in altra parte de’ nostri scritti asserimmo circa il tentarsi dal Mazzini riforme anche in senso religioso. Premetteremo al racconto di ciò che avvenne in Roma quello che lo stesso Lesseps dice relativamente a tali tentativi del Mazzini:1


  1. Vedi Lesseps, Ma mission ec., pag. 37.