Pagina:Storia della rivoluzione di Roma (vol. III).djvu/597

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dizioni differentissime dalla nostra. Questa distinzione è stata subito stabilita dal primo proclama datato da Civitaveccbia, ma compilato a Parigi dal governo stesso.

» Le disposizioni del mio paese per il Santo Padre e le sue simpatie pel vero popolo romano unite ai ragguagli che da ogni parte mi eran pervenuti, hanno dovuto fare affrettar la mia marcia sopra la città santa. Io spinsi una forte ricognizione su Roma piuttosto come mediatore che come conquistatore, con le armi a braccio per così dire. Vidi subito che le nostre intenzioni erano state mal conosciute. La giornata del 30 di aprile di cui tutti conoscono l’esito e di cui le armi francesi possono andar gloriose, mi obbligò ciò non ostante a ripiegarmi su Palo. Io sperava di essere attaccato in questa ritirata a campo aperto, ma quantunque io abbia impiegato cinque giorni in eseguirla, neppure un solo distaccamento dell’armata romana osò inquietare la nostra marcia. Io feci, al mio governo un rapporto conforme alla più esatta verità. Io dichiarai che le popolazioni essendo sotto l’impero del terrore non verrebbero punto in nostro aiuto, e che rinforzi, sopra tutto in munizioni, erano necessari per assediare la città. Piacemi di rendere questa giustizia al mio governo, che mi spedi forze superiori a quelle che mi erano rigorosamente iudispensabili. Appena giunte, ripresi l’iniziativa dell’attacco; e si fu allora che il signor di Lesseps giunse da Parigi con una missione diplomatica. Ciò che mi han fatto soffrire esitazioni, lentezze e sotterfugi così poco in rapporto colle abitudini militari, Dio solo ed io il sappiamo. Voi mi comprenderete quando io vi dirò qui, o signori, che il mio carattere di soldato è stato messo a crudeli prove.

» Io doveva dare a’ miei subalterni l’esempio della pazienza; io l’ho dato loro fino al momento in cui il signor di Lesseps mi presentò, per essere da me firmata, una convenzione ingiuriosa per l’onore delie nostre armi e per la dignità della Francia.


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