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la sostanza; ma che avendo potuto convincersi che il cannone francese non aveva distrutto alcun monumento, e che non aveva danneggiato nell’interno della città se non i muri di qualche abitazione, si faceva un dovere di tornare a parlare di detta lettera che aveva sottoscritta ancor lui, affinchè col tacere non gli si attribuisse il proposito di sostenere un fatto inesatto.1

Da tutto ciò emerge che siccome il promotore di detta lettera, la quale equivalse ad una protesta, fu il vice console o agente consolare di sua maestà britannica in Roma Giovanni Freeborn, e che egli indusse o trascinò gli altri a sottoscriverla, senza esame e senza una previa verifica, così la tenerezza inglese pei monumenti romani non fu in realtà se non la gelosia inglese verso la Francia, ed il desiderio di distruzione del papato romano, unica meta dei protestanti nella mercantessa Albione.

Ora che abbiamo accennato quelle disposizioni governative atte a somministrare una qualche idea del modo col quale venne retta la cosa pubblica in que’ giorni di semi-interregno, o transizione fra il distrutto e il da ricostruirsi, non ci resta che a parlare delle altre che si emanarono per solennizzare il giorno 15, destinato alla ripristinazione del governo pontificio ed all’inalberamento degli stemmi.

A tal effetto pertanto si dirigeva il giorno 14 dal generale Oudinot un proclama ai Romani, nel quale parlava della restaurazione della sovranità temporale del capo della Chiesa nella capitale dei mondo cristiano. A noi per verità sembra che avrebbe dovuto dire in vece cattolico, perchè cristiani sono anche i protestanti, sien luterani, calvinisti, metodisti, o frazione, o parte, o tutto di quella interminabil caterva di dissenzienti che pur si dicono e sono cristiani, perchè credono nel Cristo.


  1. Vedi il Giornale di Roma del 4 di agosto 1S49.