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nima più tenera, ravvisandosi nell’Apollo quel sublime che non si trova nel Laocoonte.

[Bellezza ideale...] §. 30. V’ha di rado o non mai un corpo senza difetti, e di cui tutte le parti siano tali che in altri corpi ritrovar non se ne possano o figurare almeno delle più perfette. Di ciò persuasi i più saggi artisti, imitando l’abile giardiniere che su una vigorosa pianta innesta i germogli de’ frutti migliori, e apprendendo dalle api che da molti fiori raccolgono il mele, non ristringevansi ad un solo individuo per copiare le forme della bellezza, siccome far sogliono sovente i poeti sì antichi che moderni, e come fanno i più fra i nostri artisti; ma il bello su varj oggetti ricercando studiavansi di combinarlo insieme1, come diceva il celebre pittore Parrasio, ragionando con Socrate2. Così nel formare le loro figure non erano diretti da quella inclinazione personale, per cui sovente il nostro spirito, seguendo una beltà che piace, abbandona la vera bellezza.

[...formata di parti singolari di varj individui.]

§. 31. Dalla scelta delle più belle parti e dalla loro armonica unione in una figura nasce il bello ideale: né è già questa un’idea metafisica, poiché ideali non sono tutte le parti dell’umana figura separatamente prese; ma solo deve ideale chiamarsi la figura intera. Si possono trovare in varj oggetti naturali le parti tutte con cui formare la più sublime bellezza che la mano dell’uomo abbia mai effigiata; benché, ove ogni persona singolarmente s’esamini, si veda esser l’arte superiore alla natura. Quando però Raffaello e Guido, quegli fra le donne e questi fra gli uomini, una bellezza non trovavano su cui dipingere Galatea e l’Arcangelo, siccome appare dalle lettere da loro scritte, io oso dire che essi così giudicarono per non aver ben osservato ciò che v'ha


di


  1. Arist. De Republ. lib. 3. cap. 11. oper. Tom. iiI. pag. 467. C.
  2. Xenoph. Memorab. lib. 3. cap. 10. §. 2. pag. 781. princ.