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410 D e l   P a n n e g g i a m e n t o.

perciò son d’opinione che a questo fregio dell’orlo anziché ad altre frange si riferisca la voce λεγνωτὸν1.

[.... cingolo...] §. 18. Sì le donzelle che le maritate legavansi la veste immediatamente sotto le mammelle2, siccome si usa anche oggidì in alcune contrade della Grecia3, e come usava il sommo Sacerdote presso gli Ebrei4. Da ciò deriva la voce βαθύζωνος (alto-cinto), attributo frequente delle donne presso Omero5, ed altri poeti6. Tal fascia, chiamata da’ Greci ταινία7, strophium8, e talvolta anche mitra9, è visibile nella maggior parte delle figure. In una piccola Pallade di bronzo nella villa Albani10, come nelle figure muliebri de’ più bei vasi Hamiltoniani pendono alle due estremità della fascia fui petto tre cordoncini terminati in un gruppo. Legavasi la fascia sotto il seno con un nodo, ora semplice ora doppio, il quale però non vedesi alle due più belle figlie di Niobe; ma alla più giovane di quelle la fascia passa su per le


spal-


  1. Ho accennato alla p. 110., che le frange erano ornamenti soliti portarsi all’estremità dei panni sì presso i Barbari, che presso i Greci, e i Romani. Questi panni erano propriamente il manto; e a questo si vedono in tante statue, come, per esempio, in quella della creduta Aria della villa Lodovisi riportata dal Maffei Raccolta di Statue, Tav. 60., e di cui parlerà il nostro Autore nel libro XI. capo. iI. §. 24.; la Pudicizia del Museo Capitolino, Tom. iiI. Tav. 44., e presso lo stesso Maffei Tav. 18., simile a quella della Galleria Giustiniani Tav. 68.; quella della Venere Felice, o si vero della imperatrice Sallustia Barbia Orbiana moglie d’Alessandro Severo nel Museo Pio-Clementino; i re prigionieri, de’ quali parla Winkelmann alla pag. citata; e tante altre. In un basso-rilievo del palazzo dei Conservatori in Campidoglio riportato dal Bartoli Adm. Antiq. Rom. Tab. 35. ha le frange il limo d’un sacrificatore, come in due altri nella Tavola 43. Per le pitture, si vedono le frange alla Talia del Museo d’Ercolano, Pitture, Tom. iI. Tav. 3., e ad altre figure.
  2. Val. Flacc. Argon. lib. 7. v. 355. [ Aristeneto lib. 1. epist. 25. pag. 165., l. 2. epist. 13. pag. 247.
  3. Pococke’s Descript. ec. Tom. iI. Par.I. pag. 266.
  4. Reland. Antiq. sacr. Par. iI. cap. 1. n. 9. Thes. Ant. sacr. Ugol. T. iI. col. DXXV.
  5. Iliad. l. 9. v. 590., Odyss. l. 3. v. 154.
  6. Barnes le parole βαθύζωνος γυναῖκας traduce nell’Iliade profunde succinctas, e nell’Odissea demissas zonas habentes: erroneamente in amendue i luoghi. Egualmente male hanno spiegato questo vocabolo gli Scoliasti greci. Quando nell’Etimolog. Magno leggiamo che era questo un soprannome che davasi alle donne barbare, ciò trae forse il suo fondamento da un passo d’Eschilo, Pers. v. 155. ove si dà tal nome alle persiane. Stanley ha ben preso il vero senso della parola, traducendo alte cinctas. Lo Scoliaste di Stazio, Lutat. in l. 10. Theb. Stat., addita assai male la figura della virtù, dicendo che è rappresentata alto-cinta.
  7. Anacreonte Ode 20. vers. 15., Polluce Onom. lib. 7. cap 14. segm. 65.
  8. Æsch. Sept. contra Theb. vers. 877., [ Nonio cap. 14. num. 8. ] Catull. Carm. 61. Epithal. Pelei, & Thet. vers. 65., ove più propriamente dovrebbe leggersi luctantes, che lactantes. [ Come legge Mureto.
  9. Nonn. Dionys. lib. 1. V. 307. pag. 28. num. 26., & pag. 40. num. 10. [ Museo De Heron. & Leand. Amor. vers. 272.
  10. La Chausse Mus. rom. Tom. I. sect. 2. Tab. 16.