Pagina:Storia delle arti del disegno II.djvu/273

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da Alessandro il Grande ec. 267

tali però che mostrano un lavoro sorprendente e superiore a quanto si fa fare oggidì. O questo lavoro si consideri, o lo stile del disegno, non possiamo ascrivere tali opere al tempo de’ cesari, che abbiano fatto trasportare in Roma i massi di tali pietre dall’Egitto quando colà dominavano; nè possiamo crederle anteriori ai Tolomei, non essendo probabile che i Greci facessersi venire i sassi dall’Egitto; e altronde Pausania non parla mai di statue di basalte o di porfido esistenti presso di loro.

§. 19. Di basalte abbiamo due teste, che possono riferirsi a quelli tempi: una di basalte nericcio è presso di me ma le manca il mento colle mascelle e ’l naso; l’altra servatasi intera è presso il signor cavalier di Breteuil1. Si conosce che questa tefla rappresentante un bel giovane, come la precedente, era altre volte su una statua; e poichè ha orecchie da pancraziaste, dee risguardarsi come l’effigie d’un atleta vincitore ne’ grandi giuochi olimpici, a cui sia stata eretta una statua in Alessandria sua patria2.

§. 20. Non può qui ravvisarsi un di que’ vincitori, dai quali prendeva il nome l’olimpiade in cui erano stati coronati, perchè quell’onore riserbavasi a chi riportava la corona nello stadio, ossia alla corsa de’ cocchi3. Di quattro atleti alessandrini di quella maniera, i quali coronati furono sotto i primi Tolomei, troviamo fatta menzione nelle sto-


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  1. Vedi sopra pag. 18. seg.
  2. Nel Tratt. prel. cap. IV. p. LXXXII. princ. Winkelmann aggiugneva, che non si sa, che in tempo degl’imperatori su ergessero tuttavia statue agli atleti vincitori ne’ giuochi pubblici della Grecia. Qui ha lasciata questa ragione, e anzi la ritratta appresso al §. 20. tacitamente. Infatti anche Luciano, vivente ai tempi di Trajano, come si è detto qui avanti alla pag. 213., Pro imagin. §. 11. oper, Tom. iI. pag. 490 scrive, che al tempo suo durava la legge, che gli atleti non potessero farsi ergere in Olimpia le statue maggiori della loro vera statura; e che dai soprintendenti si usavano più esami, e diligenze a questo riguardo, che nell’ammissione degli stessi atleti. Anzi da una iscrizione del palazzo Chigi riferita dal Reinesio Class. 5. num. 44. pag. 381., dallo Sponio Miscell. erud. antiq. sect. 10. num. 108. pag. 362, dal Vandale Dissert. 8. pag. 638., e dal P. Corsini Dissert. agonist. Diss. IV. n. 12. pag. 99 si rileva, che l’uso d’onorare i vincitori atleti colle statue durasse sino ai tempi degl’imperatori Valentiniano, Valente, e Graziano, cioè sino circa l’anno 570, dell’era cristiana.
  3. Voleva dire, alla corsa a piedi, perchè fu il primo giuoco istituito.