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creonte con un calzare soltanto, per indicare che avea perduto l’altro nell’ubbriachezza1.

§. 6. A quest’epoca pur apparterrebbe, se convenissero i nomi alle cose, la Livia della villa Mattei tanto celebrata dagli scrittori, tra i quali però alcuni la dicono Sabina2 moglie d’Adriano; ma tale statua ha la figura d’una Melpomene, anzichè d’un’imperatrice, come rilevasi dal coturno3. Così alle due figure muliebri sdrajate, maggiori della grandezza naturale, una in Belvedere, e l’altra nella villa Medici, è stato dato il nome di Cleopatra perchè hanno un braccialetto in figura di serpente4; e si legge altresì che in tal positura sia stata trovata morta la regina d’Egitto5; ma quelle statue più probabilmente rappresentano delle Nin-

Tom II. T t fe


    gnere, che la statua avrebbe avura la barba, che in que’ tempi, cioè nell’anno 296. di Roma, e anche circa ducent’anni dopo si portava; e barbati si rappresentavano gli uomini illustri di que’ tempi, come si e veduto sopra alla pag. 154. §. 19. L’idea del volto doveva esser d’uomo più avanzato in età, giacchè Cincinnato era allora padre di tre figli, il primo de’ quali, Cesone, si era già reso alcuni anni prima famoso per la sua facondia nel foro, e per militari imprese. Vegg. Livio lib. 3. cap. 5. num. 11., cap. 8. num. 19. Ma poi per sostituirvi Giasone, converrà dire che egli vi fosse rappresentato nell’atto di calzarsi dopo lasciato l’aratro, non dopo aver passato il fiume, allorchè avea perduta una scarpa, come ho notato, non già come dice Winkelmann adattando la storia alla statua. In tal caso lo scultore si sarebbe dipartito dallo stile solito degli artisti, e de’ pittori in ispecie, i quali fecondo Filostrato Epist. 22. op. Tom. iI. pag. 923. solevano effigiare quell’eroe con un piede solo calzato, perchè appunto avea lasciata una scarpa nel fiume attraversandolo. Notisi però da questo luogo di Filostrato, che Giasone in quell’atto era un soggetto solito rappresentarsi dagli artisti, e certamente più adattabile all’uso, e al gusto della scultura, e della pittura, che Cincinnato.

  1. Anthol. lib. 4. cap. 37. num. 15.
  2. Maffei Raccolta di statue, num. 107.
  3. È passata ora al Museo Pio-Clementino; e come nota il signor abate Visconti nel Tomo I. di esso alla Tav. 41. not. *, e il signor ab. Amaduzzi Monum. Matthæj. Tom. I. Tab. 61., ove ne dà la figura, non è altro, che la Pudicizia, o vogliam dire una imperatrice, o matrona romana, sotto quella figura, come si vedono in tante altre statue, e nelle medaglie. Chi poi sia è impossibile il dirlo, perchè la testa è moderna: al che non hanno avvertito quelli, che vi trovarono Livia, o Sabina. Il fondamento del coturno fu cui si appoggia Winkelmann per farne una Melpomene, è troppo generico; sapendosi che il coturno si portava d’ordinario dalle dame romane, e anche dalle imperatrici, come fa avvertire il lodato Amaduzzi pag. 57. Altronde il braccialetto, che le si vede indicato sotto la veste al braccio destro, non converrebbe a Melpomene.
  4. Tale è certamente quale si vede anche in altre statue, e in ispecie nella nominata, qui avanti; e il signor Lens Le costume, ou essai ec. liv. I. in fine, pag. 27., che mostra di negarlo perchè vi trova una forma irregolare più propria di serpe, che di braccialetto, non ne avrà veduti forse de’ consimili in altre sratuc. Questo altronde non è tondo come il serpe, ma piatto. In quella, che fece fare Augusto per portarla in trionfo, il serpe non doveva essere in forma di braccialetto, nè quale si vede alle statue in questione; poichè era attaccato al braccio in atto di mordere, Plut. in M. Antonio, op. Tom. I. pag. 955. B.; ed è ben probabile, che tale statua servir dovesse di modello alle altre.
  5. Gal. ad Pison. de Theriac. lib. 1. cap. 8. oper. Tom. XIII. pag. 941. [ Racconta Ga-