Pagina:Storia delle arti del disegno III.djvu/193

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s u l l’ A r c h i t e t t u r a. 175

un’occhiata di passaggio alle diverse epoche, che quest’arte potette avere presso gli altri popoli, paragonandoli a’ Greci. Due sono le epoche principali di quella nazione divenute celebri presso gli scrittori: la prima è quella della presa di Troja, e qual fosse il sapere de’ Greci in quel tempo lo leggiamo in Esiodo, ed in Omero; la seconda è quella della guerra del Peloponneso, o sia dell’età di Pericle, gran protettore delle arti; ed in quale stato si trovasse poc’anzi al detto tempo quello popolo, ce lo attestano tutti i loro scrittori, ma principalmente Erodoto, e Tucidide. Quando accadde il fatto strepitoso di Troja era già passata l’età de’ Patriarchi, erano già tre secoli, che Mosè aveva fabbricato il tabernacolo, erano già in essere tutte quelle invenzioni architettoniche, delle quali col testimonio de’ libri del Pentateuco abbiam parlato, e tutte quelle, che si son ravvisate come più antiche in Egitto, e nella Palestina, ed ancora lo stesso tempio di Salomone, giacchè non fu di molto posteriore al detto rinomatissimo eccidio. Qual era adunque a’ tempi della guerra trojana, anzi dirò meglio, a’ tempi di Omero, che la scriveva, facendolo con quelle idee, che suggerivano a lui le correnti usanze, l’arte de’ Greci; e che deve pensarsi della maniera loro di fabbricare, dal poema de’ due nominati scrittori chiaramente si deduce. In Omero nulla leggesi, che riguardi l’Architettura: esso nè conobbe, nè fece parola de’ tre ordini della medesima. E pure se fosse stato in uso l’ordine dorico, averebbe dovuto ragionarne. Aveva il poeta scorso il paese della Grecia, e specialmente la Dora, ed era così portato per questa nazione, che ne avea appreso il dialetto1, e l’usò frequentemente nella sua opera. Ma quello, che più rileva, non mai ci parla di fabbriche grandiose, o di edifi-


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  1. In vita Hom. apud mythol. græc. pag. 287.