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marchese d’Ivrea Berengario era re, cioè nel 9511. Venne Litolfo a Milano, e poco dopo scese il re Ottone nell’Italia. Con quali aiuti poi si conciliasse l’arcivescovo Manasse il favore di quel re, non lo sappiamo; ci rimangono però dei diplomi di Ottone spediti in Pavia appunto nel 951, dai quali si conosce ch’egli aveva creato Manasse arcicappellano.2 Pare che al comparire di Ottone si ecclissassero Berengario II e Adalberto. (952) Tutto piegossi al re Ottone, il quale senza contrasto in Pavia assunse il titolo di Re d’Italia; poi ritornato in Germania, dovettero colà portarsi Berengario e Adalberto, abbandonandosi alla generosità di Ottone, da cui a titolo di feudo vennero in Augusta nel 952 investiti del regno d’Italia, e da ciò ne fa nascere il Muratori il diritto che pretesero in seguito i re di Germania di avere sopra l’Italia.

Passati appena i torbidi giorni, e liberati dall’imminente peso del re Ottone, Berengario col suo figlio Adalberto ritornati in Italia, dalla viltà passarono alla prepotenza; solito costume delle anime basse d’insultare quando la fortuna è loro prospera, e annichilarsi quando è loro contraria. Il loro governo era diventato insopportabile. Lo scisma della Chiesa Milanese era finito dopo cinque anni, e la reggeva Valperto; quando, nel 957 il principe Litolfo venne alla testa di un’armata nell’Italia, speditovi dal re Ottone di lui padre, che occupato negli affari di Germania, non potea venire in persona a contenere i due tiranni. Litolfo però fu degno di venire invece di un gran re. Berengario e Adalberto fuggirono nell’isola di

  1. Leo Hostiens. lib. II, cap. ultimo.
  2. Il conte Giulini, tomo II, pag. 244.