Pagina:Storia di Milano I.djvu/481

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i popoli di quella città, in cui doveva l’immortale marchese Cesare Beccaria scrivere il libro dei Delitti e delle Pene; libro sacro all’umanità, alla ragione ed alla beneficenza. I principii di sublime filosofia che l’hanno dettato; la calda e libera eloquenza colla quale si annunziano; la compassionevole sensibilità ai mali degl’infelici, assicurano all’illustre nostro cittadino, ed all’amico e compagno de’ miei studi una celebrità costante: la onorata tranquillità poi di cui gode; anzi lo stipendio e le cariche delle quali è stato decorato, serviranno agli esteri non solo, ma alla posterità, di vera dimostrazione della felicità e della gloria del governo sotto cui abbiamo la fortuna di vivere.

Sin qui Galeazzo II poteva essere sedotto da malvagi consiglieri; ma il fatto seguente lo mostra quale egli era, senza difesa. Aveva quel principe incorporato nel vastissimo suo parco di Pavia i poderi di molti, e fra gli altri d’un povero cittadino pavese che aveva nome Bertolino da Sisti. Questo povero uomo aveva una famiglia numerosa da alimentare; i figli soffrivano la fame e la miseria, mancando di quel fondo, che non gli era stato pagato. Egli si prostrò avanti del suo sovrano, implorando umilmente soccorso, e il pagamento della sua porzione di terra. Venne accolto da Galeazzo con amarissima derisione e vilipendio, e non potè ottenere compenso alcuno. Quel disperato padre di famiglia aspettò poi, nel parco istesso dove Galeazzo soleva cavalcare, il momento della vendetta, e, il giorno 24 di agosto dell’anno 1369, lo ferì, mentre passava a cavallo, in un fianco; ma la fascia cordonata di seta lo difese. Fu arrestato quel suddito; sempre colpevole,