Pagina:Storia di Milano I.djvu/521

Da Wikisource.

capo decimoquarto 495

infedele alle promesse. Io dirò che egli era ambizioso, senza elevazione d’animo, superstizioso, senza vera religione, mite, senza principio di virtù. Egli non ebbe l’atrocità del padre e dello zio, ma nemmeno ebbe la franchezza del carattere del secondo. Tutto in complesso, egli però fu men cattivo principe di quello ch’essi furono: dal che non risulta gran lode. Nel suo regno vi sono de’ fatti grandi; ma nessuno ve n’ha di nobile e generosa indole. I sudditi dovettero sopportare pesantissimi aggravii, com’era necessario di fare per supplire alle grandiose spese che assorbivano le armate, le pompe, le compre di Stati e di titoli, e tutti i maneggi che prese il duca a trattare. Il nostro Annalista ci scrive: Dux noster imposut taleas, conventiones, et mutua intra dominium subditis suis ita magna et continua, quod ipsis oportebat per peregrina loca vagari, non valentes dicta onera sustinere, et fuit ululatus viduarum, et orfanorum, et aliorum singulorum, et maximus strepitus inferiorum, et immensae crudelitates. Et non valentes solvere detinebantur, et bona sua a stipendiariis usurpabantur1. Questi mali però in Milano si dovettero sopportar meno che altrove. Una popolata capitale, che è patria del sovrano, in una recente signoria, sempre è rispettata. I clamori sarebbero troppo vicini all’orecchio del principe. Milano in fatti, alcuni anni dopo, malgrado il disordine che dovette soffrire sotto il governo del secondo duca, era popolata, ricca ed animata colla industria. Allora in questa capitale colava il denaro che dovevano portarvi gli oratori delle trentaquattro città soggette al duca, quello che vi spendevano i ministri de’ principi

  1. Annal. Mediol. ad ann. 1401.