Pagina:Storia di Milano II.djvu/130

Da Wikisource.

a vedere delle tumultuarie adunanze di malcontenti. La plebe in Porta Ticinese si attruppò e gettò a terra i banchi ai quali si riscuotevano le gabelle. Il governatore Trivulzio vi si recò; e dopo di avere inutilmente procurato che badassero alle di lui parole, diè mano alla spada, e, secondato da’ suoi domestici, uccise alcuni e molti altri rimasero assai mal conci. L’affare non terminava così, se messer Francesco Bernardino Visconte, signore sommamente autorevole, non vi accorreva. Si abolirono alcune gabelle, venne sedato quel disordine; ma non perciò rimase quieta la città. Frate Girolamo Landriano, generale degli Umiliati, messer Leonardo Visconte, e messer Alessandro Crivello, proposto di San Pietro all’Olmo, animavano la plebe contro del nuovo governatore Trivulzio. Lodovico il Moro accostatosi a Como, col favore dei cittadini v’era rientrato, ed eransi espulsi i Francesi. Ivi s’andavano radunando Tedeschi e Svizzeri allo stipendio sforzesco. Il giorno 27 di gennaio 1500 si cominciò a conoscere nella città una inquietudine che minacciava la sedizione. Il Trivulzio pose dell’artiglieria sulla torre che allora sosteneva le campane del Duomo, e si premunì in corte; ma trovandosi ivi mal collocato, e nel centro di una città mal contenta, pensò di ricoverarsi nel castello. Il popolo violentemente se gli oppose; giacchè temevasi che, giuntovi, non adoperasse quell’artiglieria sulla città. Il Trivulzio parlò al popolo, lagnandosi di non essere profeta nella sua patria. Mostrò essere pazzia l’ostinarsi a voler essere piuttosto sudditi di un picciolo principe, ramingo, bisognoso, e che smunga i popoli colle gabelle, anzi che ubbidire ad un monarca generoso, potente, ricco... Le grida insultanti del popolo non gli permisero di continuare il discorso,