Pagina:Storia di Milano II.djvu/234

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il Pescara, appena intesero la marcia del re, che, abbandonando Marsiglia, per le riviere marittime passarono per aspri colli, e con mirabile celerità volarono con rinforzo alla difesa del Milanese, e in venti marce, vicenis castris, dice Sepulveda, si trovarono a Pavia nel giorno medesimo in cui il re giunse a Vercelli, cioè il giorno 20 di ottobre anzidetto. I Francesi, impadronitisi della città di Milano, posero l’assedio al castello, presidiato da seicento spagnuoli. Dice il Guicciardini che il re dispose con laude grande di modestia e benignità, che ai Milanesi non fosse fatta molestia alcuna. Il povero nostro merciaio Burigozzo, ch’era testimonio di vista, scriveva che i Francesi facevano tanto male per Milano, che non saria possibile a poter narrare, e de robare et de logiare senza discrezione, et non tanto il logiare, ma volevano le spese et denari, et andavano in le caxe dove li era buon vino et lo voleveno, et così d’altro, ecc. Pavia era stata riparata; era luogo assai forte, ed ivi eranvi ricoverati i soldati migliori. Il re si propose d’impadronirsene, sicuro che, fatto un tal colpo, ei si rendeva assoluto padrone del Milanese. Ma tale era l’avversione che il crudele Lautrec aveva stampata negli animi de’ popoli per la dominazione francese, che tutti i cittadini, i mercanti, le donne istesse esponevano la vita per difendersi, contro de’ Francesi; il che si vide prima in Milano, poi in