Pagina:Storia di Milano II.djvu/236

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i vani che s’andavano formando. Fra le altre prove della sconsigliata condotta del re, vi è quella che mancogli la polve per continuare nell’impresa, e se il duca di Ferrara non gliela somministrava, egli era costretto a desistere. Vedendo inutili gli assalti, delusa l’azione dell’artiglieria, si rivolge al progetto di sviare il Tesino da Pavia, ed inalvearlo tutto nel Gravellone, col mezzo d’una chiusa posta al luogo ove si divide il fiume in due correnti. Il progetto fu d’un tenente della compagnia d’uomini d’arme del signor d’Alençon, che aveva nome Silly baglì di Caen. Se riusciva il progetto, il re presentava le sue forze dal lato debole della città, marciando nel letto del fiume; ma una piena rovesciò la chiusa. Si tentò la seduzione; ma in vano. Finalmente fu costretto il re di cambiare l’assedio in un blocco, ed accontentarsi di cingere la città, aspettando che venisse costretta a cedere per mancanza di viveri. Questa è la serie degli avvenimenti presa nel suo tutto, e questo è il transunto di quanto si raccoglie dal Tegio, dal Guicciardini, dal Gaillard, dalle cronache del Grumello, del Verri e d’altri. Ma siccome per le conseguenze un tal assedio si rese famoso, e forma una epoca memorabilissima, non solo della storia d’Italia, ma della patria nostra singolarmente, così anch’io ne scriverò alcune particolarità, di quelle che soglio ommettere