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capo secondo 197

possedevano, Barbarossa confermò ai vescovo di To­rino non solo tutto ciò ch’ei possedeva, ma anche tutto ciò che da qualcuno de’ suoi predecessori era stato posseduto; dimodoché disfaceva con un tratto di penna e per quanto stava in lui il beneficio di tutte le prescrizioni intermedie e degli altri modi legali d’acquisto. E di fatto, tra le cose nominativa­mente confermate al vescovo, vedesi la badia di san Michele stata sempre indipendente da ogni giurisdizion vescovile, e sulla quale i vescovi torinesi vantavano pretensioni piucchè veri diritti, e tutta la decima di Val di Susa, il terzo della quale da oltre un secolo apparteneva alla badia di S. Giusto.3

Nè contento di ciò Barbarossa cedette ai vescovo tutte le ragioni dell’impero sulla città e sul terri­torio per dieci miglia all’intorno, e così le mura, le case pubbliche, la dogana e la giurisdizione, sicché egli solo diveniva il giudice supremo della città e di quel distretto, levata ogni giurisdizione ai conti e fino ai messi imperiali; e tutti i diritti camerali e fiscali e comitali doveano intendersi tras­fusi nella persona del vescovo.

Questa concessione così sfrenata pregiudicava mas­simamente il conte di Savoia ed il comune di Torino. Il conte, oltre al dominio che aveva avuto e che sperava di poter ripigliare sulla città, esercitava senza contrasto la sua giurisdizione sul territorio, e possedeva varie terre che avevano appartenuto, chi