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268 libro quarto

pretendenti, un greco ed un latino, si contrastavano la signoria, tutto era sossopra. La fede de’ popoli, in­certa. I baroni s’accostavano a chi proferiva maggiori vantaggi. Onde dopo inutili tentativi, il principe di Acaia tornò nel 1302 in Piemonte, dove avean te­nuto il governo, durante la sua assenza, con titoli di vicarii generali e gerenti cinque savi, parte giurisconsulti, parte gentiluomini.2

Tornò a tempo opportuno; i Guelfi d’Asti, che cac­ciati nel 1303 dai Ghibellini, erano rientrati in pa­tria coll’aiuto de’ Cheriesi, e ne aveano alla lor volta cacciata la parte contraria, molto onorarono il prin­cipe d’Acaia, e lo chiamarono capitano del popolo per tre anni. Poco dopo, cioè nel 1305, mancò in Giovanni, marchese di Monferrato, l’ultimo maschio di quella stirpe, designando a succedergli la propria sorella Violante, moglie d’Andronico il Vecchio, imperador de’ Greci. Già da molti anni era scaduta la gloria e la fortuna di quella casa, poiché Guglielmo vii nella guerra che gli mossero varie città lombarde, fra cui Milano, Brescia ed Asti, ed alla quale s’acco­stò Amedeo v, conte di Savoia, fu per improvviso tradimento degli Alessandrini, comprati coll’oro degli Astigiani, preso e messo in gabbia nelle carceri del comune, dove, dopo un lungo patire, morì nel 1291. Giovanni, suo figliuolo, non avea operato cosa di ri­guardo, e morendo senza prole, apriva l’adito alla ambizione ed alla cupidità. Diffatto l’ambizion di