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libro sesto, capo quinto 475

grandi conserve d’acqua. Ordinò numerose squadre di guardie del fuoco onde accorrere al primo se­gnale. Frattanto afforza vasi la cittadella, e s’attestava sui bastioni della medesima sì folta schiera di can­ noni che avanzavano di numero quelli degli asse­dianti. N’aveva il comando il conte de la Roche d’Allery, stato governatore di Verrua.

Tra il 9 e il 10 di giugno cominciarono i Francesi a gittar bombe nella cittadella. All’indomani ne piovvero anche in città e sì pesanti che perforavano dall’alto in basso le case e le chiese, e scendevano fin ne’ sepolcri a sconvolger le ossa de’ trapassati. Tutti fuggivano dalia città vecchia nella nuova al di là di piazza Castello, fuor della portata de’ mor­tai nemici.

Intanto il duca, il quale coi posti e colle batterie stabilite sulla collina aveva sempre impedito ai Francesi il passo del Po, prevedendo che quella posizione non si potrebbe più a lungo difendere, e che ogni passo rimarrebbe chiuso, giudicò non essere da indugiare la partenza della corte. La mattina del 16, mentre le reali duchesse a ciò s’apparecchiavano, i Francesi con azione degna d’eterna infamia, i Francesi, tanto cavallereschi colle dame, giltarono contro il palazzo reale una fitta grandine di palle infuocate, di libbre 16 caduna, le quali guastarono bensì gli edilìzi, ma per buona sorte alle persone fecero più paura che danno.