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Pagina:Straparola, Giovanni Francesco – Le piacevoli notti, Vol. II, 1927 – BEIC 1930632.djvu/139

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favola seconda 133

crepitante tuono che fuor della ballestra usciva, grandemente si spaventò. E perchè omai s’approssimava la sera, disse il leone: — Fratello mio, io non voglio che facciamo parole tra noi, nè che s’uccidiamo: perciò che non è la peggiore cosa che ’l morire: ma voglio che andiamo a riposarci, e venuto il sequente giorno, noi saremo insieme, e tra noi faremo tre famose prodezze; e qual di noi in farle sarà superiore, quello fia del monte signore. — E cosí rimasero d’accordo. Venuta la mattina, e trovatisi insieme, il leone, che desiderava di veder alcuna prodezza, disse: — Brancaleone, io sono acceso del tuo amore, nè rimarrò contento sin a tanto ch’io non vegga alcuna mirabil prova di te. — E caminando insieme, aggiunsero ad un fosso molto largo e profondo. Disse il leone: — Ora è il tempo che noi vediamo qual di noi salterà meglio questo fosso. — Il leone, ch’era gagliardo, non sí tosto s’appresentò al fosso, che fu da l’altra parte. L’asino, appresentandosi alla sponda del fosso, animosamente saltò; ma nel saltare cadde in mezzo del fosso, e sopra alcune legna traversate attaccato rimase. Stava l’asino sospeso tra quelle legna, e parte su l’uno de’ lati, e parte su l’altro pendeva; ed era in grandissimo pericolo di fiaccarsi il collo. Il che vedendo, il leone disse: — Che fai, compagno mio? — Ma l’asino, che se n’andava a piú potere, non rispondeva. Il leone, temendo che l’asino non morisse, discese giú nel fosso, e prestògli aiuto. L’asino, uscito fuori d’ogni periglio, prese maggior ardire; e voltatosi contra il leone, gli disse tanta villania, quanta si potesse mai dire a persona alcuna. Il leone, attonito di tal cosa, molto si maravigliò, e addimandollo per qual cagione sí fieramente il villanniggiava, avendolo sí amorevolmente campato da morte. L’asino, dimostrando che fusse acceso di sdegno, superbamente rispose: — Ahi, scelerato e tristo, tu m’addimandi perchè ti villaneggio? Sappi che tu m’hai privo del piú soave piacere che mai io avesse a’ giorni miei. Tu pensavi ch’io ne morisse, e io me ne stava in gioia e diletto. — A cui il leone: — E che piacere era il tuo? — Io, rispose l’asino, mi era posto sopra quelle legna, e parte pendeva da un lato