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nota | 241 |
Nel mezzo della notte un leva su,
tutto barbuto, nè mai barba [non] fé’;
il tempo accenna, nè strologo fu;
porta corona, nè si può dir re;
nè prete, e l’ore canta ed ancor piú;
calza li sproni, e cavalier non è;
pasce figliuoli, e moglie inver non ha:
molto è sottil chi indovinar lo sa.
— Il gallo.
Va sier Zovo indrio e inanti,
ch’è vezu da tuti quanti;
chi da un lò sta, chi da l’altro,
ben sará quel fante scaltro
che dá a quatro in su la schina,
s’a la prima lo indovina.
Tuta fiá, da bon amigo,
che l’è zovo pur ve ’l digo.
— El zovo.
Vecchio giá fui per tempo, e quando nacqui,
fui da mia madre maschio procreato;
molti giorni ne l’acque fredde giacqui,
indi poi tratto fuor martirizzato;
cotto giá fui, e quando a l’uomo piacqui,
col ferro m’ebbe ancor tutto squarciato;
d’allor in qua al servir fui sempre buono:
ditemi, se ’l sapete, chi ch’io sono.
— Il lino.
Per me sto ferma, e se talun m’assale,
vo su per tetti e spesso urto nel muro;
le percosse mi fan volar senz’ale,
e saltar senza piedi al chiaro al scuro;
non cesso mai, se ’l mio contrario tale
non resta, che ’l desir suo sia sicuro;
in me principio o fin pur non si vede,
e cosa viva fui, né alcun me ’l crede.
— La palla.