Pagina:Straparola - Le piacevoli notti I.djvu/207

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darlo; e ciascuno diceva: Deh, chi è costui che sì leggiadro e sì pomposo si rappresenta in giostra, e non si conosce? Fortunio, nell’ordinata sbarra entrato, al suo rivale fece motto che entrasse; ed amenduo, abbassate le nodose lancie, come scatenati leoni si scontrorono: e così grave fu del giovanetto il colpo nella testa, che il Saracino toccò del cavallo le groppe, e non altrimenti che un vetro battuto ad un muro, nella nuda terra morto rimase. E quanti quel giorno in giostra ne incontrò, tanti furono da lui valorosamente abbattuti. Stavasi la damigella tutta allegra, e con ammirazione grandissima intensamente il riguardava, e tra se stessa ringraziava Iddio che della servitù del Saracino l’aveva deliberata; e pregava Iddio li desse la vittoriosa palma. Giunta la notte, e chiamata Doralice a cena, non gli vi volse andare; ma fattisi portare certi delicati cibi e preziosi vini, finse non aver allora appetito di mangiare: ma facendole bisogno, al tardo sola mangerebbe. E chiusasi sola in camera, ed aperta la finestra, lo affezionato amante con sommo desiderio aspettò; e ritornatosi come la notte precedente, ambeduo insieme lietamente cenorono. Dappoi Fortunio l’addimandò come dimane vestire si dovesse, ed ella a lui: Di raso verde, tutto di argento ed oro finissimo ricamato: ed altressì il cavallo. Ed il tutto fu tostamente la mattina essequito. Appresentatosi adunque in piazza, il giovanetto all’ordinato termine del torniamento entrò; e se il giorno avanti il suo gran valore aveva dimostrato, nel sequente vie più quello dimostrò. E la delicata donzella giustamente esser sua ognuno ad alta voce affirmava. Venuta la sera, la damigella, tra sè tutta gioconda, tutta giocosa ed allegra, finse quello istesso che nella precedente notte simulato aveva. E chiusasi in camera, ed