Pagina:Straparola - Le piacevoli notti I.djvu/310

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mendorono. E la Signora, posta giù ogni sinistra oppenione che di Alteria aveva, voltò il viso verso Lauretta, e fecele motto che a sè venisse; la quale, ubbidiente, a lei se ne gì. E perchè a lei toccava la volta del favoleggiare, dissele: Non già che io faccia poca stima di te, nè che io ti reputi inferiore alle altre compagne nel dire; ma acciò che noi pigliamo maggior diletto e trastullo, io questa sera voglio che per ora tu ponghi silenzio alla tua bocca, porgendo le orecchie all’altrui novellare. Rispose Lauretta: Ogni vostra parola, Signora mia, m’è espresso comandamento; e fatta una riverenza, al luogo suo se n’andò a sedere. Indi la Signora guattò nel viso del Molino, e con mano li fece segno che a sè venisse; ed egli subito si levò da sedere ed a lei riverentemente se ne andò. A cui disse la Signora: Signor Antonio, questa ultima sera della settimana è molto priviligiata, ed è lecito a ciascuno dire ciò che le piace; laonde per contentamento nostro e di questa orrevole compagnia, vorressimo che voi ne raccontaste una favola alla bergamasca con quel buon modo e con quella buona grazia, che voi siete solito di fare. Il che se voi, come io spero, farete, noi tutti vi saremo perpetualmente tenuti. Il Molino, intesa la proposta, prima stette alquanto sopra di sè; dopo, vedendo non poter schifare tal scoglio, disse: Signora, a voi sta il comandare, ed a noi l’ubidire; ma non aspettate da noi cosa che sia di molto piacere, perciò che queste nostre onorate damigelle sono sì valorosamente riuscite nel raccontare le loro favole, che nulla o poco a quelle si potrebbe aggiungere. Io, tal qual io sono, mi sforzerò, non come voi desiderate ed è il voler mio, ma secondo le deboli mie forze, di sodisfarvi a pieno; — e ritornatosi al suo luogo a sedere, in tal maniera alla sua favola diede principio.