Pagina:Straparola - Le piacevoli notti I.djvu/351

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recitata. E perciò che da molti fu disonestamente interpretato, volse ella con bel modo la sua onestà scoprire. — La vera adunque, generose donne, isposizione del nostro enimma, altro non dimostra, che la stretta scarpa. Imperciò che la donna si va a sedere, e il calzolaio, con la scarpa in mano, le leva la gamba: e la donna gli dice: Fa piano, che la scarpa è troppo stretta, e mi fa male; ed egli più fiate la ritragge e la rimette fino attanto che la donna se ne rimanga paga e contenta. Essendo l’enimma di Cateruzza finito e sommamente da tutta la compagnia commendato, la Signora comandò — conoscendo l’ora esser tarda — che sotto pena della disgrazia sua niuno si partisse; e fattosi chiamare il discreto siniscalco, li divisò che nella camera grande mettesse le tavole; che in questo mezzo che si apparecchiassino le mense e si cocinasse la cena, farebbono alquanti balletti. Finiti adunque i balli e cantate due canzonette, la Signora si levò in piedi; e presi per mano il signor Ambasciatore e messer Pietro Bembo, e tutti gli altri seguendo lor ordine, li menò nella preparata camera: dove, data l’acqua alle mani, ciascuno secondo il grado e ordine suo, si pose a sedere a mensa; e con buoni e delicati cibi e preciosi e recenti vini, furono tutti onoratissimamente serviti. Fornita con lieta festa e con amorosi ragionamenti la pomposa e lauta cena, tutti divenuti più allegri che non erano prima, si levorono dalle mense, e al carolare da capo si dierono. E perciò che ormai la rosseggiante aurora cominciava apparere, la Signora fece accendere i torchi, e sino alla scala accompagnò il signore Ambasciatore, pregandolo che secondo l’usato modo venisse al ridotto: e altresì fece con gli altri.


Il fine della V. notte.