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194 PARTE SECONDA

la quistione; ed ove, passando con essi sulla piazza del pretorio, vi veggano un infelice esposto alla berlina per non avere appalesato un segreto ch’eragli stato affidato, ben pochi di loro, interrogati dal fanciullo del delitto commesso da quello sventurato, avranno il coraggio di rispondergli: il suo preteso reato è virtù, e se tu vuoi che la nostra benedizione ti accompagni per a traverso la vita, adopera in quel modo che ha adoperato costui, e sappi soffrire al pari di lui.

Io non voglio, come ho detto e ridetto, esagerare cosa alcuna; ma non è già esagerazione il dire che in una contrada retta da simili leggi, la morale politica non tarda gran fatto ad essere rilassata di molto. Il sentimento che viene a prevaler di gran lunga sotto l’influenza d’una giurisprudenza di tale fatta, si è la paura, la paura di commettere una viltà, la paura di apparire reo d’averla commessa, la paura di esporsi ad affanni per non commetterla. La paura più forte è poi quella che la vince; e da una tale proporzione dipende spesse volte l’onore o l’ignominia di tutta la vita di alcuno. L’uomo prudente non vede in tal caso altro mezzo per uscir dalle strette che quello di cansarsi dal cadere nell’acerba postura da cui non si esce che a prezzo dell’infamia o della condanna; ma l’ottener questo intento è opera di tutta la vita. Chi o per istinto o di proposito si propone un tale intento, deve invigilar di continuo sopra sè stesso. Abbattendosi, cammin facendo, in taluno di cui non bene conosca le opinioni politiche, dee far le viste di non ravvisarlo. Se un amico gli si accosta dicendo volere chiedergli consiglio, l’uomo prudente dee pregarlo di astenersene, e assicurarlo