Pagina:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu/167

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ver potuto respingermi ed io l’adottai non appena lo scopersi. Le dissi:

— Io ora farò la stessa proposta ad Augusta e racconterò a tutti che la sposai perchè le sue due sorelle mi rifiutarono!

Ridevo di un buon umore eccessivo che m’aveva colto in seguito alla stranezza del mio procedere. Non era nella parola che mettevo lo spirito di cui ero tanto orgoglioso, ma nelle azioni.

Mi guardai d’intorno per trovare Augusta. Era uscita sul corridoio con un vassoio sul quale non v’era che un bicchiere semivuoto contenente un calmante per Anna. La seguii di corsa chiamandola per nome ed essa s’addossò alla parete per aspettarmi. Mi misi a lei di faccia e subito le dissi:

— Sentite, Augusta, volete che noi due ci sposiamo?

La proposta era veramente rude. Io dovevo sposare lei e lei me, ed io non domandavo quello ch’essa pensasse nè pensavo potrebbe toccarmi di essere io costretto di dare delle spiegazioni. Se non facevo altro che quello che tutti volevano!

Essa alzò gli occhi dilatati dalla sorpresa. Così quello sbilenco era anche più differente del solito dall’altro. La sua faccia vellutata e bianca, dapprima impallidì di più, eppoi subito si congestionò. Afferrò con la destra il bicchiere che ballava sul vassoio. Con un filo di voce mi disse:

— Voi scherzate e ciò è male.

Temetti si mettesse a piangere ed ebbi la curiosa idea di consolarla dicendole della mia tristezza.

— Io non scherzo, — dissi serio e triste. — Domandai dapprima la sua mano ad Ada che me la rifiutò