Pagina:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu/241

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santina, di poche idee e di poca vivacità, forse anche perchè in seguito ad una malattia aveva l’orecchio molto indebolito. Ficcava qualche parola spagnuola nel suo italiano:

— Cada volta che vengo a Trieste....

I due vecchi parlavano di affari, e Giovanni ascoltava attentamente perchè quegli affari erano molto importanti per il destino di Ada. Stetti ad ascoltare distrattamente. Sentii che il vecchio Speier aveva deciso di liquidare i suoi affari nell’Argentina e di consegnare a Guido tutti i suoi duros perchè li impiegasse alla fondazione di una ditta a Trieste; poi egli sarebbe ritornato a Buenos Aires per vivere con la moglie e con la figlia con un piccolo podere che gli rimaneva. Non compresi perchè raccontasse in mia presenza a Giovanni tutto ciò, nè lo so neppur oggi.

A me parve che ambedue a un dato punto cessassero di parlare, guardandomi come se avessero aspettato da me un consiglio ed io, per essere gentile, osservai:

— Non dev’essere piccolo quel podere se le basta per viverci!

Giovanni urlò subito:

— Ma che cosa vai dicendo? — Lo scoppio di voce ricordava i suoi migliori tempi, ma è certo che se egli non avesse urlato tanto, il signor Francesco non avrebbe rilevata la mia osservazione. Così, invece, impallidì e disse:

— Spero bene che Guido non mancherà di pagarmi gl’interessi del mio capitale.

Giovanni, sempre urlando, cercò di rassicurarlo: