Pagina:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu/282

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sapevo non buono, con ambe le mani sotto la tovaglia feci le corna.

Il ricordo del resto della serata è per me un poco confuso. So che per iniziativa di Augusta, a quel tavolo poco dopo si disse un mondo di bene di me citandomi quale un modello di marito. Mi fu perdonato tutto e persino mio suocero si fece più gentile. Soggiunse però che sperava che il marito di Ada si dimostrasse buono come me, ma anche nello stesso tempo un miglior negoziante e sopratutto una persona... e cercava la parola. Non la trovò e nessuno intorno a noi la reclamò; neppure il signor Giovanni che per avermi visto per la prima volta quella stessa mattina, poco poteva conoscermi. Dal canto mio non mi offesi. Come mitiga il proprio animo il sentimento di avere dei grossi torti da riparare! Accettavo con grato animo tutte le insolenze a patto fossero accompagnate da quell'affetto che non meritavo. E nella mia mente, confusa dalla stanchezza e dal vino, sereno del tutto, accarezzai la mia immagine di buon marito che non diviene meno buono per essere adultero. Bisognava essere buoni, buoni, e il resto non importava. Mandai con la mano un bacio ad Augusta che lo accolse con un sorriso riconoscente.

Poi vi fu a quel tavolo chi volle approfittare della mia ebbrezza per ridere e fui costretto di dire un brindisi. Avevo finito con l'accettare perchè in quel momento mi pareva che sarebbe stata una cosa decisiva di poter fare così in pubblico dei buoni propositi. Non che io dubitassi in quel momento di me, perchè mi sentivo proprio quale ero stato descritto, ma sarei divenuto anche migliore quando avessi affermato un proposito dinanzi a tante persone che in certo modo l’avrebbero sottoscritto.