Pagina:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu/361

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colo dell’agente, evidentemente giusto, visto che con un piccolo movimento in sù del prezzo, le spese sarebbero state coperte ad usura, se in quel momento non fosse stato arrestato da una sua cosidetta ispirazione. Quando gli avveniva di avere un’idea commerciale proprio sua, egli ne era addirittura allucinato e non c’era posto nella sua mente per altre considerazioni. Ecco la sua idea: la merce gli era stata venduta franco Trieste da gente che doveva pagarne il trasporto dall’Inghilterra. Se egli ora avesse ceduta la merce ai suoi stessi venditori che avrebbero perciò risparmiate le spese per tale trasporto, egli avrebbe potuto fruire di un prezzo ben più vantaggioso di quello che gli veniva offerto a Trieste. La cosa non era tanto vera, ma, per fargli piacere, nessuno la discusse. Una volta liquidata la faccenda, egli ebbe un sorriso un po’ amarognolo sulla sua faccia che allora parve proprio di pensatore pessimista e disse:

— Non parliamone più. La lezione fu alquanto cara; bisogna ora saperne approfittare.

Invece se ne parlò ancora. Egli non ebbe mai più quella sua bella sicurezza nel rifiutare degli affari e, quando alla fine d’anno gli feci vedere quanti denari avevamo perduti, egli mormorò:

— Quel maledetto solfato di rame fu la mia disgrazia! Sentivo sempre il bisogno di rimettermi di quella perdita!

La mia assenza dall’ufficio era stata provocata dall’abbandono di Carla. Non avevo più potuto assistere agli amori di Carmen e Guido. Essi si guardavano, si sorridevano, in mia presenza. Me ne andai sdegnosamente con una risoluzione che presi di sera al momento di chiudere l’ufficio e senza dirne nulla a nessuno. M’aspet-