Pagina:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu/457

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col Nilini essendosi fitto in capo che il grugno di costui gli portasse sventura.

Egli era caratterizzato da quel sonno e da quel sorriso: rovinava tutti attorno a sè e sorrideva. M’atteggiai a giudice severo perchè per salvare Guido bisognava prima educarlo. Volli sapere quanto egli avesse perduto e m’arrabbiai quando mi disse di non saperlo esattamente. M’arrabbiai ancora quand’egli mi disse una cifra relativamente piccola che poi risultò rappresentare l’importo che bisognava pagare alla liquidazione del quindici del mese da cui distavano di soli due giorni. Ma Guido asseriva che fino alla fine del mese c’era del tempo e che le cose potevano mutarsi. La scarsezza del denaro sul mercato non sarebbe durata eternamente.

Gridai:

— Se a questo mondo manca il denaro, vuoi riceverne dalla luna? — Aggiunsi che non bisognava giocare neppure per un giorno di più. Non si doveva rischiare di veder aumentare la perdita già enorme. Dissi anche che la perdita sarebbe stata divisa in quattro parti che avremmo sopportate io, lui (cioè suo padre), la signora Malfenti e Ada, che bisognava ritornare al nostro commercio privo di rischi e che non volevo mai più vedere nel nostro ufficio nè il Nilini nè alcun altro sensale di cambio.

Egli, mite, mite, mi pregò di non gridare tanto, perchè avremmo potuto essere sentiti dai vicini.

Feci un grande sforzo per calmarmi e vi riuscii anche a patto di poter dirgli a bassavoce delle altre insolenze. La sua perdita era addirittura l’effetto di un crimine. Bisognava essere un bestione per mettersi in