Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/124

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Quando Emilio si trovò di nuovo sulla via, solo, nell’orecchio ancora sempre il gemito d’angoscia di Angiolina, egli fu in procinto di andare immediatamente da lei. Che cosa avrebbe fatto tutto il giorno, ozioso, con quell’agitazione che per quanto non fosse dolorosa, non era altro che un desiderio acuto, un’aspettativa impaziente come se ogni istante avesse dovuto apportare delle novità, una speranza nuova quale Angiolina non gli aveva mai data prima?

Gli sarebbe stato impossibile di andare dal Balli e desiderava di non imbattersi in lui. Lo temeva, anzi l’unica sensazione dolorosa in lui era quel timore. Si disse che tale timore derivava dal sapere ch’egli non avrebbe saputo imitare la calma del Balli allorchè costui aveva dovuto lasciare Margherita.

Si avviò verso il Corso. Era possibile che Angiolina passasse di là per andare al lavoro dai Deluigi. Egli non aveva avuto il tempo di chiederle ove si recasse; ma, certo, non era restata a casa. Sulla via le avrebbe fatto un saluto misurato ma gentile. Non le aveva detto che, calmatosi, sarebbe voluto divenire il suo buon amico? Oh, venisse presto presto questa calma e il tempo in cui egli avrebbe potuto avvicinarla di nuovo! Guardava intorno a sè per vederla in tempo se si fosse imbattuto in lei.

— Addio Brentani! Come va? Sei ancora vivo e non ti si vede mai? — Era il Sorniani, arzillo come sempre, ma sempre giallo, la faccia da malato meno gli occhi pieni di vita, non si sapeva bene se per vivacità o per irrequietezza.