Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/142

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per lungo tempo delle parole in cui non scopriva altro nesso che una grande dolcezza; nient’altro! La sognatrice voleva di nuovo qualche cosa che altri voleva; ad Emilio parve di scoprire ch’ella volesse anche di più di quanto le si chiedesse: voleva che altri esigesse. Era proprio un sogno di sommissione. Forse il medesimo della notte prima? Quella disgraziata s’era costruita una seconda vita; la notte le concedeva quel po’ di felicità che il giorno le rifiutava.

Stefano! Ella aveva pronunziato il nome di battesimo del Balli. — Anche costei! — pensò Emilio con amarezza. Come non se ne era accorto prima? Amalia non si animava che quando veniva il Balli. Anzi ora s’accorgeva ch’ella aveva sempre per lo scultore quella stessa sommissione che ora gli tributava in sogno. Nel suo occhio grigio brillava una nuova luce quando lo posava sullo scultore. Non v’era alcun dubbio. Anche Amalia amava il Balli.

Fu una sventura ch’Emilio, ricoricatosi, non pigliasse sonno. Ricordava con amarezza come il Balli si vantasse degli amori ch’egli destava e come, con un sorriso di persona soddisfatta, dicesse che l’unico successo che gli mancasse nella vita era il successo artistico. Poi, nel lungo dormiveglia in cui piombò, fece dei sogni assurdi. Il Balli abusava della sommissione d’Amalia, e rifiutava ridendo qualsiasi riparazione. Il sognatore, ritornato in sè, non derise se stesso per quei sogni. Fra un uomo tanto corrotto come il Balli e una donna tanto ingenua come A-