Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/156

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nata su un braccio. Bastò perchè egli perdesse il coraggio di andarsene. Veniva chiamato. Se in due quelle ore erano tanto dolorose, che cosa sarebbero state per Amalia sola?

Gettò via il cappello, e disse: — Volevo portare a spasso la mia disperazione. — L’incubo sparì. Era stata una trovata. Se non poteva parlare dei suoi dolori poteva almeno distrarla col racconto dei proprii. Ella aveva cessato immediatamente di picchiare e s’era tutta rivolta a lui per guardarlo bene in faccia, e vedere quale aspetto avesse in altri il proprio dolore.

— Poveretto — mormorò scoprendolo pallido, sofferente, inquieto anche per le ragioni ch’ella non poteva sapere. Poi volle delle confidenze: — Da quel giorno non l’hai più riveduta?

Con un’espansione quasi gioconda egli raccontò. Mai non l’aveva vista. Quand’era all’aperto, senza voler sembrare, cioè senza fermarsi nei luoghi ove sapeva ch’ella a date ore doveva passare, non faceva altro che aspettarla. Ma non l’aveva vista mai. Sembrava proprio che, dacchè era stata lasciata da lui, ella evitasse di farsi vedere per le vie.

— Potrebbe anche essere così — disse Amalia ch’era tutta, devotamente, intenta a studiare la sciagura del fratello.

Emilio rise di cuore. Disse che Amalia non poteva figurarsi di quale pasta fosse fatta Angiolina. Erano trascorsi otto giorni dacchè l’aveva lasciata, ed egli doveva assolutamente ritenere d’essere stato già del