Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/184

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contegno di Angiolina, la quale ancora sempre voleva fargli credere di essersi data al Volpini per poter appartenere a lui. Subito la sua parola fu troppo vivace: — Ancora adesso vuole truffarmi. Il dolore che mi fa di vederla sempre uguale a se stessa è tale che mi toglie persino il desiderio di rivederla.

Il Balli lo indovinò tutto e gli disse: — Anche tu resti uguale a te stesso. Non una tua parola denota indifferenza. — Emilio protestò con calore, ma il Balli non si lasciò convincere. — Hai fatto male, male assai di riavvicinarti a lei.

Durante la notte Emilio potè convincersi che il Balli aveva ragione. L’indignazione, un’ira inquieta che avrebbe domandato un pronto sfogo, lo teneva desto. Non poteva più illudersi che quella fosse l’indignazione dell’uomo onesto ferito da un’oscenità. Egli conosceva troppo bene quello stato d’animo. Ci era ricaduto ed era molto simile a quello provato prima dell’incidente dell’ombrellaio e prima del possesso. La gioventù ritornava! Egli non anelava più di uccidere ma si sarebbe voluto annientare dalla vergogna e dal dolore.

All’antico dolore s’era aggiunto un peso sulla coscienza, il rimorso d’essersi legato di più a quella donna, e la paura di vederne compromessa vieppiù la propria vita. Infatti, come avrebbe potuto spiegare la tenacità con cui ella addossava a lui la colpa della relazione col Volpini, se non col proposito d’attaccarglisi, comprometterlo, succhiargli lo scarso sangue che aveva nelle vene? Egli era legato per sempre ad